lunedì 29 luglio 2013

Un commosso saluto a don Ersilio Tonini. Che sempre ricorderemo con affetto e profonda stima


Grazie don Ersilio Tonini per il senso di umanità e di amore cristiano che ci hai saputo trasmettere
Che tu riposi in pace, beato tra gli angeli del paradiso...



Sotto una mia “vecchia” intervista (ma sempre attuale per i temi che si affrontano) nel ricordo commosso di Monsignor Ersilio Tonini, Cardinale emerito di Ravenna, sua città di adozione, dove era ospite nella Casa di accoglienza Santa Teresa e dove, purtroppo, si è spento il 28 Luglio scorso all'età di 99 anni. La sua figura spicca in questo tormentato secolo per essere tra le più elevate spiritualmente ed eticamente della Chiesa di Roma








INTRODUZIONE ALL'INTERVISTA

Sono passati esattamente due anni da quando, in occasione del suo compleanno, intervistai il Cardinale Ersilio Tonini. Era il 20 luglio del 2011 e Monsignore, come tutti lo chiamavano qui a Ravenna, di anni ne compiva novantasette. Lucidissimo, brillante e instancabile nella conversazione, dal fisico asciutto e apparentemente in buone condizioni d salute, tutto in lui faceva presagire che avrebbe avuto una vita lunghissima. Che avrebbe raggiunto i cento anni e che, magari, li avrebbe ampiamente sorpassati. Invece non è stato così. Monsignore non ce l'ha fatta, appena otto giorni dopo il suo 99° compleanno, se ne è andato. Per i ravennati, per chi lo ha conosciuto, per i fedeli tutti si è aperto un grande vuoto, una dolorosa ferita come avviene quando si perde un vero amico, di quelli su cui si può sempre contare. Di quelli che ti sanno leggere nell'animo e che con poche parole, mirate e senza retorica, ti sanno indicare la via da percorrere per andare avanti. Per cercare di non cadere più. Con Don Ersilio Tonini scompare una delle figure più schiette, trasparenti e fraternamente vicine ai deboli e agli umili che la chiesa italiana, e non solo italiana, abbia conosciuto in questi ultimi tempi.
Quando fu realizzata questa intervista ancora non c'era Papa Francesco, infatti di lui qui non si parla, sono certa, però, che al Cardinale Tonini piacesse tanto questo nuovo Pontefice. Tra i due religiosi colgo parecchie similitudini. E' anche per questo che mi piace immaginare il nostro Monsignore intento a proteggere da lassù (dal Paradiso, dove di sicuro ora si trova), Francisco, ispirandogli tanto amore e tante buone azioni a favore degli “ultimi”, così come, con estrema generosità, lui stesso fece nel corso della sua vita. 

INTERVISTA AL CARDINALE ERSILO TONINI
realizzata il 20 luglio 2011 nella Casa di accoglienza Santa Teresa a Ravenna

di Marilena Spataro



E' il grande vecchio della chiesa cattolica, il più anziano cardinale vivente. In questi giorni Monsignor Ersilio Tonini compie novantasette anni, è nato, infatti, il 20 luglio del 1914 in un paese dell'alta Emilia, a Centovera di Sangiorgio Piacentino. Arcivescovo di Ravenna (di cui è tuttora Cardinale-Arcivescovo emerito) dal '75 al '90, è rimasto a vivere in questa città, ospite, con tanti altri sacerdoti in “pensione””, dell'istituto d'accoglienza Santa Teresa. Nel corso della sua vita, durante la quale ha assistito ai più importanti eventi che hanno segnato la storia e la società del XX e del XXI, egli non si è mai tirato indietro nel dire la sua. Lo ha fatto, e continua farlo, senza troppi condizionamenti e tanto meno pregiudizi, sempre, però, con la benevolenza e con l'equilibrio della guida spirituale, oltre che con l'apertura mentale e la libertà di pensiero dell'autentico giornalista (è stato prima direttore di Avvenire e poi amministratore delegato della Nei, la società editrice del quotidiano cattolico) e con la verve critica e l'acume dell'opinionista televisivo. In questa ultima veste, Monsignor Tonini, ha riscosso un tale successo da diventare una delle figure mediatiche più famose e popolari del mondo cattolico, basta pensare al consenso ottenuto nel '91 quando insieme a Enzo Biagi animò la trasmissione televisiva ““I dieci Comandamenti””, giudicata dalla stessa Chiesa quale “esempio straordinario di moderna catechesi che si avvale del mezzo e del linguaggio televisivo”. A sostenerlo nel suo eclettico viaggio esistenziale, un'incrollabile fede e un'insaziabile sete di conoscenza. “Avevo cinque anni quando, percependo che la mia vita l'avrei voluta dedicare a Dio, comunicai ai miei genitori questo mio desiderio di diventare sacerdote” ricorda il cardinale. Che racconta come già allora, alla sua forte vocazione religiosa corrispondeva un'altrettanta vocazione verso lo studio e la cultura: “alla stessa età imparai a leggere alla perfezione. Pur essendo un contadino, mio padre sapeva leggere e scrivere benissimo, e, avendo capito quanto in me fosse forte la volontà di sapere, mi diede lezioni””. Queste coordinate, insieme a una straordinaria sensibilità umana, fatta di attenzione per i poveri e per i diseredati, guideranno il pensiero e l'azione dell'alto prelato durane tutto il suo sacerdozio, rendendolo, ieri come oggi, un punto di riferimento spirituale e culturale per migliaia di fedeli e di laici di tutte le nazionalità. L'amore per i più umili lo indurrà a schierarsi al loro fianco in varie occasioni, prendendo anche iniziative abbastanza insolite per una figura di così elevato rango della chiesa di Roma. Appena arrivato a Ravenna lascia il suo appartamento nel palazzo arcivescovile a un nucleo di tossicodipendenti, ritirandosi nell'istituto che tuttora lo ospita. Nell'87, invece, interviene pubblicamente condannando con parole dure l'abolizione prevista da un contratto del settore tessile della «domenica festiva», "simili iniziative distruggono la dignità stessa del lavoro" tuonò Tonini. Altro suo intervento che fece scalpore fu quello di condanna della regola del profitto senza limiti nell'economia, regola additata come la vera responsabile del tragico rogo della «Elisabetta Montanari», la nave incendiatasi nel porto di Ravenna con tredici persone a bordo. Sul finire degli anni '80, il cardinale lancia la campagna «Uma vaca para o Indio» che diverrà un emblema dell'impegno della chiesa a favore dei poveri del terzo mondo. Si trattò di una raccolta di fondi per l'acquisto di mandrie da far pascolare sulle terre degli indios Yanomani in Brasile. Secondo la legge di questo Paese tali terre non potevano esser loro tolte solo in presenza delle mandrie che vi pascolavano. L'iniziativa fu considerata di tale importanza da essere appoggiata persino da Papa Wojtyla che vi aderì con un suo personale e generoso contributo.

E' così, monsignor Tonini, difendendo il lavoro e le istanze della povera gente, che è riuscito a conquistare la fiducia dei cittadini di Ravenna, una città notoriamente laica, dalle forti radici repubblicane e anticlericali?

Fui mandato a Ravenna in un momento piuttosto critico, quando in effetti la tensione tra laici e cattolici era piuttosto alta. Quanto ho fatto e ho detto fin dal primo momento che ho messo piede in questa città, era il frutto delle mie più profonde convinzioni e del mio modo di vivere la fede. Lasciare le mie stanze dell'episcopio a chi ne aveva più bisogno di me è stato un gesto spontaneo, naturale, ma questo piacque molto ai revennati. In realtà io non ho mai amato troppo l'agiatezza, le confido che a volte facevo fatica a indossare persino un certo tipo di paramenti liturgici o ufficiali particolarmente vistosi. Sono figlio di contadini, di gente semplice e laboriosa, ricca, però, dei valori cristiani. Devo a loro l'aver imparato cosa significhi il rispetto verso l'altro e la carità. Mio padre era capo bifolco e dirigeva circa trenta famiglie di contadini che badavano al podere, ho sempre visto quanto rispetto avesse per i suoi sottoposti e per il loro lavoro. Per non parlare del rispetto che nutriva nei confronti di mia madre, sulla quale non l'ho sentito alzare mai nemmeno la voce. Ed è proprio questo stesso senso profondo del rispetto che ho ritrovato nei ravennati, gente assolutamente rispettosa di tutto e di tutti, che mi ha reso subito loro vicino. Ho apprezzato fin dall'inizio questo modo di essere e loro lo hanno capito, ricambiandomi con tanto amore. La volontà divina ha fatto il resto, aiutandomi a far venire, dopo quaranta anni, il Papa in questa terra. Non dimenticherò mai l'accoglienza sincera con cui i miei concittadini lo hanno ricevuto. E' stato qualcosa di cui sarò sempre grato ai ravennati. Devo molto a questa gente, ad essa mi sento profondamente legato, è per questo che ho deciso di non lasciarla nemmeno dopo le mie dimissioni da Arcivescovo. Loro hanno bisogno di me e io ho ancor più bisogno di loro e del loro sostegno”.

Nonostante le sue posizioni “originali”, a volte anche un po' fuori dal coro dell'ufficialità cattolica, lei ha sempre ottenuto il consenso dei vertici del vaticano e la stima incondizionata di tutti i suoi pontefici. Quale è stato il segreto che le ha permesso di ottenere questo risultato?

Vivere la fede con il cuore, supportandola con le ragioni della cultura e della conoscenza delle cose. Questo il segreto, se di segreto si può parlare. La fede e la cultura insieme hanno una forza straordinaria, dirompente, sono imbattibili. Mi sono manifestato così ai miei superiori come anche ai miei fedeli e loro hanno capito e mi hanno sostenuto. Perchè il mio modo di sentire era anche il loro. E' bastato saperlo comunicare”.

Oggi quali reputa essere i difetti e quali i pregi della nostra società?

Tutte le società di tutti i tempi hanno difetti da rimproverarsi e pregi da vantare. Non esiste la perfezione su questa terra, ciò non significa però che si debba rinunciare all'anelito di migliorare le condizioni di vita della società. Anzi. In tal senso oggi esistono possibilità grandiose. Basti pensare al progresso fatto dalla tecnologia e dalla scienza in questi ultimi tempi. Quello che occorre fare è utilizzarle in maniera intelligente e giusta, a favore, non contro l'uomo”.

C'è qualche aspetto del passato per il quale nutre rimpianto e che secondo lei occorre recuperare?

L'amore per la cultura. In questo momento c'è poca attenzione per questo aspetto, che, invece, è imprescindibile laddove si voglia che esista la civiltà. Le ragioni della cultura vincono sopra la violenza e quindi anche sulla guerra. Quando Orazio scrive “Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio” non fa altro che affermare questo principio, e cioè che la Grecia, conquistata dai Romani, conquistò a sua volta il feroce vincitore portando le arti nel Lazio agreste. La nostra civiltà occidentale affonda le sue radici nella cultura, quella ebraica e quella greca. Senza di queste non sarebbe esistiti né Roma, né tanto meno l'immenso patrimonio culturale, giuridico e artistico che questa ci ha lasciato; occorre ricordarlo, lavorando in tale direzione, specialmente in Italia, dove abbiamo una gioventù straordinaria che aspetta di essere valorizzata”.

Lei è stato anche insegnante e ha sempre rivolto uno sguardo di particolare attenzione ai giovani e agli studenti. Oggi nel nostro Paese molti di loro sembrano disorientati, soprattutto i più motivati allo studio e alla ricerca si sentono costretti ad andare all'estero per avere qualche chance di lavoro. Quale è la sua opinione al riguardo?

Non vedo aspetti di particolare negatività in questo desiderio di andare all'estero. Impadronirsi della cultura e della lingua degli altri popoli secondo me è un arricchimento. Quello che oggi occorre capire è che ormai le barriere dei vecchi Stati sono cadute. Viviamo in un villaggio globale dove la circolazione di idee e di saperi è essenziale per la crescita di tutti. Chiudersi nell'egoismo e nel patriottismo di una volta non ha senso. Se pensiamo a quante tragedie sono state consumate in nome di un'idea patriottica distorta, non possiamo non convenire che sia solo un bene la circolazione libera di persone, di conoscenze e anche di merci da un paese all'altro. Vedo poi che molti giovani scelgono l'Inghilterra come loro meta per lo studio, è questo va benissimo. Il mondo anglosassone e la Germania sono oggi gli eredi della nostra cultura occidentale. Il diffondersi della lingua inglese a livello internazionale, al posto di quella francese, un tempo la più parlata, ha coinciso con uno straordinario progresso dell'umanità. Dico questo anche per esperienza personale: aver conosciuto il tedesco mi ha dato fin da giovanissimo la possibilità di approfondire la grande cultura giuridica del mondo romano guardando oltre, verso la modernità. Parlare più lingue, poi, mi ha consentito di conoscere meglio i popoli e le loro culture, permettendomi, quando la Chiesa ne ha avuto bisogno, di rendermi utile rispetto ad alcune problematiche da risolvere con civiltà e popoli molto diversi dal nostro. Ovviamente le nostre istituzioni scolastiche, fin dalle elementari, devono essere in grado di formare gli allievi, preparandoli a trarre il massimo beneficio dalla loro esperienza di studio all'estero”.

Pensa che la nostra scuola così come è oggi sia in grado di assolvere a questo compito?

Innanzitutto tengo a precisare, che nella formazione di base, la scuola pubblica ha un ruolo di primaria importanza. Prima di entrare a undici anni in seminario, i miei studi li ho svolti nelle scuole pubbliche. E' stata un'esperienza di grande formazione, senza la quale non avrei potuto proseguire bene con gli altri studi. Devo molto ai miei insegnanti delle elementari, che continuo a considerare anche i miei primi maestri di vita. E' importante che le istituzioni e la politica si occupino della scuola nel modo più serio possibile. Ne va del futuro dei nostri giovani, ma anche di quello della nostra società”.

In questo ultimo decennio si è manifestata tra un sempre maggior numero di giovani, soprattutto tra le ragazze, del nostro paese, la tendenza a bruciare le tappe, inseguendo il successo e il denaro a tutti i costi, senza porsi tanti problemi morali. Molti opinionisti ritengono che il mezzo televisivo e i mass media in generale abbiano contribuito a dare una grossa spinta in tal senso. Più che il cardinale, come guarda a questo moderno fenomeno il giornalista Tonini?

Non mi pare si tratti di un fenomeno di ampia portata e nemmeno tanto nuovo. Sono stato parroco di Salsomaggiore. Le giovani che venivano lì per l'elezione di Miss Italia non erano poi tanto diverse da quelle di oggi. Tutte brave ragazze. La vanità è una componente del femminile quindi va capita, quello che non occorre fare è renderla l'unica componente della personalità. In questo il mondo adulto, soprattutto la scuola, gioca un ruolo importante al fine di evitare che questo accada. Quanto ai media, il limite di cui mi sembra oggi soffra l'informazione, è di aver in qualche modo perso il contatto con la realtà. Al tempo in cui facevo il giornalista, svolgere questo mestiere significava confrontarsi continuamente con la gente, aprendo dibattiti viso a viso sugli argomenti di maggiore attualità. A Piacenza utilizzavamo il teatro a tal fine, era sempre pieno di lettori che desideravano capire e dire la loro sui fatti, non assistere da spettatori, come, invece, si tende a fare con il pubblico in televisione. Ecco, la vera partecipazione della gente è quello che oggi manca nei media”.

Le recenti rivoluzioni in Nord Africa hanno accentuato il fenomeno delle emigrazioni di massa da questi territori verso Italia e Europa. La tentazione di alcuni governi europei è di chiudere le frontiere. Cosa ne pensa al riguardo, esiste a suo parere un modo per affrontare questa situazione senza dover calpestare i diritti di nessuno?

Innanzitutto c'è da dire che le recenti istanze di libertà emerse in questi paesi del Nord Africa vanno appoggiate, ovviamente con mezzi pacifici, non certo con la guerra. Siamo di fronte a una novità assoluta, a una opportunità di diffondere la democrazia nel mondo che non può che giovare a tutti, Occidente compreso. Accogliere gli immigrati significa cogliere questa opportunità; dando loro la possibilità di entrare a vivo contatto con la nostra cultura si aiuta la democrazia e la libertà nel mondo. Certo, occorre essere concreti nel far questo, predisponendo una serie di strutture efficienti e ospitali per l'accoglienza di tanta gente”.

C'è chi teme che integrando questi popoli, di cui la maggior parte appartiene al mondo islamico, l'Occidente possa correre per il futuro il rischio di perdere il primato della sua cultura e delle sue tradizioni religiose. Lei che ne pensa?

L'Islam non è riuscito a prevalere negli anni Mille quando era agguerrito e molto forte, figuriamoci oggi. La nostra cultura occidentale non è sradicabile nè dall'Islam nè da nessuno, inoltre non credo minimamente vi sia da parte dell'Islam alcuna intenzione di colonizzazione culturale o di altro tipo. Ringraziando Iddio i colonialismi sono finiti, da qualunque parte essi provengano e da qualunque interesse siano essi mossi. Nessuno si faccia illusioni in tal senso. E' un capitolo chiuso per tutti. Quello che deve prevalere nel nostro tempo è la cultura del rispetto reciproco. Il compito dell'Occidente è proprio quello di promuovere la cultura della tolleranza”.


Come vive oggi monsignor Ersilio Tonini?

Bene, accanto agli altri sacerdoti, ai malati e ai fedeli. Ogni mattina mi sveglio e, come mi ha insegnato mia madre, mi stupisco di esserci, di esistere, creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza in un creato stupendo. Ogni uomo è a sua immagine e somiglianza e per questo, già solo per questo, dovrebbe essere felice e grato alla vita. E questa è una cosa grande, enorme, di cui dovremmo essere tutti consapevoli per condurre un'esistenza piena e serena. Il giorno in cui ogni uomo capirà l'immenso dono che è la vita, allora vivremo in pace”.