domenica 3 aprile 2011

GIOVANNI SCARDOVI. SOLIDA IMAGO

Scolpire la contemporaneità.
La suggestione che nasce dal mitico e dal simbolico

di Marilena Spataro


 

Un incipit che è una fotografia impietosa del mondo dell'arte contemporanea e che introduce fin dalla prime battute una lucida, quanto serrata, critica agli attuali sistemi dell'arte senza indulgenze per nessuno: musei, gallerie, sono colpevoli, per Giovanni Scardovi , autore del libro Solida Imago , della crisi che oggi attraversa le arti figurative tanto quanto gli stessi artisti, sempre più attenti a soddisfare le richieste del mercato o a stupire il pubblico con boutade a effetto, piuttosto che a esprimersi sulla base di una spontanea visione artistica ed estetica.
"Queste sale, questi spazi dove riposano le opere del Novecento fino a questo inizio secolo, in un itinerario espositivo che ispira un senso di sacralità cimiteriale e dove hanno dimora immagini e forme come memorie, in scansione elencativa: è il museo, invenzione recente dove la veglia della ragione genera separatezza, ed è infatti un contenitore separato dalla quotidianità del nostro vivere che osservo percorrendo i corpi di queste immagini", così esordisce Scardovi, che subito dopo s'interroga: "ma perché l'opera che in epoca rinascimentale era parte integrante dello spazio vitale dell'architettura di interni o esterni ora riposa in questa sorta di enciclopedia visiva che si spalanca nella separatezza della mia osservazione?". La risposta a questo quesito e ai tanti altri che emergono nel corso del ragionamento sviluppato nelle pagine successive di Solida Imago verranno fornite dall'autore attraverso una decifrazione critico poetica sul manifestarsi dell'arte nella contemporaneità e con una lettura interpretativa epifanica delle immagini plastiche di alcuni artisti operanti oggi nell'ambito della scultura con tendenze simboliche, surreali e allegoriche.
In collegamento con la presentazione di Solida Imago, è stata, perciò, allestita una mostra itinerante di alcune sculture degli artisti presenti nel saggio di Giovanni Scardovi che testimonia plasticamente la visione critico poetico che li analogizza. Partita nello scorso autunno dalle sale del museo Marfisa d'Este di Ferrara, la mostra è stata in Febbraio del 2010 alle Pescherie della Rocca di Lugo e successivamente al Castello di Cento di Ferrara. IL calendario del 2011 è in corso di programmazione. Le opere che saranno esposte nelle prossime mostre sono sculture di Maurizio Bonora, Ilaria Ciardi, Gianni Guidi, Sergio Monari, Giovanni Scardovi, Sergio Zanni, Mario Zanoni.

Da dove nasce l'esigenza di scrivere un saggio critico come Solida Imago?

"Solida imago nasce da due moventi, uno consistente nella messa in discussione del mostrismo contemporaneo; con il termine mostrismo intendo deprecare la costante, praticamente totalizzante, con cui si manifesta l'arte nella contemporaneità, a differenza di altre epoche in cui l'opera veniva a essere stanziale negli esterni e interni dell'architettura e a contatto con la quotidianità dell'esistere.
Nella contemporaneità, la mostra, la galleria e i musei hanno assunto le modalità prioritarie di divulgazione dell'opera d'arte, con ciò non è che io intenda affermare che musei e gallerie siano da eliminare, ma intendo invece cogliere come questo manifestarsi sia diventato per lo più l'unico approccio all'opera. L'opera ha perso così quella dimensione sacrale e unica che deteneva in epoca pre illuminista assumendo invece la costante di un prét à porter che ne limita e ne ghettizza l'esistenza. Il secondo movente è quello di un ritorno al mito come narrazione che le neoavanguardie del secondo Novecento hanno affondato: la perdita del sacro, come afferma l'architetto Mario Botta, ha creato nella contemporaneità guasti profondi. Da qui l'attenzione che il mio testo rivolge nei confronti di scultori che si muovono nella visione del mito e del sacro".

 Quali sono le principali cause che hanno determinato il deterioramento, che lei denuncia, del panorama artistico attuale? Il suo libro è un j'accuse a tutto campo della contemporaneità, una provocazione o cos'altro?

"Le cause determinanti il deterioramento dell'arte nella contemporaneità sono di diversa natura, da una parte la ghettizzazione prodotta da gallerie e musei rispetto a quella che era l'abitabilità dell'opera, come abbiamo detto precedentemente, nelle strutture architettoniche, dall'altra la banalizzazione dell'opera stessa determinata dal neo dadaismo imperante dell'oggetto vissuto come installazione, oggetto che produce più una boutade provocatoria che la realtà di un'opera d'arte. Dobbiamo sottolineare che l'oggetto provocatorio del Dada, da Duchamp in poi, ha portato a concepire opera d'arte, un sacco di carbone, come avviene nell'opera di Kunuellis, mentre, fuori dalla convenzionalità della galleria è solamente oggetto privo di significato. Il neo Dada ha così voluto fare assumere alla quotidianità del banale la valenza di opera, producendo un impoverimento del linguaggio e una nientificazione dell'immagine".

Le pagine da lei scritte, oltre ad aprire un dibattito sul modo di fare e d'intendere l'arte oggi, potrebbero in qualche modo contribuire a innescare una critica di più ampio respiro, che coinvolga anche gli aspetti dell'assetto della società e delle sue istituzioni?

"Il mercatismo e la mercificazione dell'opera che la galleria ha prodotto è frutto della logica capitalista contemporanea. E' la negazione di una concezione sapienziale dell'arte, la bellezza e l'evocazione dell'immagine è stata sacrificata alla trovata".

Quali i riferimenti storici filosofici ed estetici su cui si fonda la sua visione dell'arte?

"I miei riferimenti riguardano il sacro, il mito e le istanze simboliche e allegoriche. Rifondare l'arte è anche rifondare la società".

Quali le coordinate sociali etiche ed estetiche per ripartire?

"Rifondare l'arte è rifondare la società e rifondare la società è rifondare l'arte. Un sistema che riesca a fondere in armonia gli elementi artistici e architettonici è ancora ipotizzabile o non ci resta che guardare con nostalgia al passato? Per ora non ci resta che guardare con nostalgia al passato. E come dice Marc Maffesoli: ritorniamo all'antico, sarà un progresso".

Pensa che l'arte possieda gli antidoti giusti per salvarsi dall'omologazione della società attuale? Quali sono questi antidoti e come vanno "utilizzati"?

"Gli antidoti per salvarsi dalla banalizzazione contemporanea sono dati dalla messa in discussione della contemporaneità e dal ritorno al pensiero archetipico, che etimologicamente significa "tipi dell'origine". In una società mediatica come la nostra, fondata sugli effetti speciali, pensa ci sia ancora posto per lo stupore che nasce nell'ammirare un lavoro artistico? Non mi risulta che si siano verificate davanti a opere contemporanee sindromi di Stendhal, lì l'approccio all'opera era basato su una perdita che portava al sublime, mentre l'opera contemporanea spesso produce, nella perdita del tragico, il comico".

Come si inseriscono nel suo discorso sull'arte gli scultori di cui descrive i lavori in questo suo libro?

"Quale il linguaggio che li analogizza? Esistono analogie tra gli scultori trattati nel libro che si fondano su una costante mitica e una sospensione magica dell'immagine, le opere in questione muovono da moventi surreali allegorici e fondamentalmente iconici, una sorta di religiosità le accomuna nelle differenze. In questo l'immagine detiene la forza evocativa di una tradizione del significato che ci riporta alle simbologie dell'origine, simbologie che, come afferma Mircea Eliade, sia pur rimosse dal razionalismo contemporaneo, ci appartengono nel profondo e ritornano in un ossimoro che unisce passato e futuro".

Alla luce di quanto fin qui sostenuto, ritiene ci si ancora un futuro per l'arte?

"Sì, se si riguarderà al passato".

Pensa che il suo discorso debba continuare?

"Penso che il mio discorso faccia parte di un'attenzione polemica europea nei confronti dell'arte contemporanea che in Italia non si è ancora manifestata. Occorre considerare a questo proposito, la critica in Francia di Jean Clair nel suo saggio "Critica della modernità" e le feroci affermazioni di Marc Maffesoli nel suo testo critico "Parigi , New York e ritorno, viaggio nell'arte contemporanea", in cui la poetica della Pop art viene rifiutata nei suoi fondamenti estetici. Ciò è dimostrato anche dall'esultanza con cui artisti e critici americani hanno accolto la crisi del sistema dell'arte paragondola alla bolla speculativa economica di questi ultimi anni".

Lo farà da critico, da scultore o da poeta?

"Penso che occorra in questo caso agire su tutti i fronti perché il malessere della contemporaneità attraversa oltre i linguaggi dell'arte anche quelli della letteratura. I guasti prodotti dalle neo avanguardie fanno parte di una logica in cui l'artista è stato più sperimentatore di modalità del comportamento espressivo che interprete di una visione del mondo".


Lo scultore Giovanni Scardovi

Nato in Romagna il 18 Dicembre 1944, Giovanni Scardovi si è dedicato dalla giovane età alla scultura e alla poesia, i suoi scritti e le sue sculture sono caratterizzati dalla reinterpretazione delle immagini mitiche e simboliche e delle forme allegoriche nella contemporaneità. Docente di Fenomenologia della moda, poi di Plastica ornamentale alle Accademie di Belle Arti di Bologna, Venezia e Ravenna, attualmente tiene corsi sugli Archetipi dell'immaginario. Ha pubblicato testi critico-poetici e due raccolte di poesie dal titolo: Prét à porter, Campanotto Editore, Le virtù dell'assenza, Edit Faenza


Pubblicato:1 Febbraio 2010
Fonte: La Voce di Romagna del 01/02/2010 ed. Rimini p. 16
Categoria: Cultura

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