di Marilena Spataro
Da Signora del Ravenna Festival a nonna?
Conosciuta in tutto il mondo per essere stata capitale dell'Impero romano di Occidente, della cui grandezza tuttora sono viva testimonianza imponenti opere architettoniche, monumentali e musive di elevato valore artistico ed estetico, Ravenna ha continuato per secoli a essere quella “città assorta e monastica, nebbiosa necropoli stillante accidia e malinconia che ha serbato anche nell'età delle automobili e della televisione” descritta da Indro Montanelli, nel IV volume della sua Storia d'Italia. A scuoterla da questo antico torpore, sfidando il carattere diffidente e lo spirito di conservazione dei ravennati, ci ha pensato una donna, anche lei ravennate, ma, con in più, rispetto ai suoi concittadini, nelle vene una passione incontenibile per la musica colta, tant'è che per anni ha tenuto concerti di successo come cantante di Lieder, e nel cuore, un grandissimo amore per Riccardo Muti, tra i più apprezzati direttori di orchestra viventi, di cui Cristina Mazzavillani è diventata nel '69 la moglie. E' a lei e al suo costante impegno per favorire e diffondere la cultura nella sua città che si deve il Ravenna Festival, una rassegna dedicata alla musica e alle arti performative che vede da ben ventidueanni l'ex capitale dell'impero e il suo territorio al centro di una serie di qualificatissimi eventi di livello internazionale di cui due dislocati, durante le giornate de “Le Vie dell'amicizia”, in una città italiana e in una straniera, quest'ultima scelta sulla base di principi di cooperazione e di fratellanza tra popoli e culture diversi. Le due città scelte per l'edizione 2011 sono state Piacenza e Nairobi.
Quando iniziò Ravenna Festival, immaginava che avrebbe avuto tanto successo?
“Non solo non lo pensavo, ma ero decisa a rifiutare l'invito dell'allora sindaco di Ravenna che mi chiedeva di creare qualcosa di importante per la nostra città: mi sentivo inadeguata, inoltre avevo già tre figli e un marito impegnativo come Riccardo Muti da seguire. Dopo il matrimonio avevo abbandonato persino il canto per seguire la mia famiglia. Ritenevo, perciò, di non avere né il tempo né le capacità per dedicarmi a questa avventura. Fu Benigno Zaccagnini che al tempo mi convinse ad accettare in nome del bene della città. E oggi, visto come sono andate le cose, forse un po' tutti abbiamo nei suoi confronti un debito di gratitudine”.
E Riccardo Muti che ruolo ha avuto nel determinare il successo del Festival?
“Ammetto che io ho fatto la mia parte, lavorando con impegno e tenacia al progetto, ma è stato il nome di mio marito a consentirmi di dialogare con tutti i grandi della musica mondiale. Grazie a lui tutte le porte dell'arte si sono aperte permettendomi di far arrivare a Ravenna fin dal principio ospiti di primo piano che certo non si sarebbero spesi tanto facilmente. Paradossalmente, sono stati loro a fare da vetrina al Ravenna Festival, non il contrario”.
Come è stato agli esordi il rapporto con la sua città?
“All'inizio è stata dura perchè da parte della gente c'era molta diffidenza, cosa che io da ravennate e romagnola capisco benissimo. Noi siamo così, più che alle parole badiamo ai fatti. Per cui prima sono stata messa alla prova. Appena tutti hanno potuto toccare con mano i risultati del mio impegno, allora le riserve sono cadute. Da parte mia c'è stato un lungo e sottile lavoro per coinvolgere i vari ambienti cittadini, soprattutto quelli legati ai giovani. Qui ho trovato un mondo sommerso fatto di grande creatività e di talenti nascosti che, perciò, andavano valorizzati. Questo festival può e deve essere una opportunità per la crescita di tutta la società ravennate e non solo una manifestazione artistica e di spettacolo”.
Qual è il legame che intercorre tra questo festival e il territorio ravennate che ogni anno lo ospita?
“E' un legame strettissimo. Ravenna è una città particolare che da sempre guarda verso oriente. E' stata capitale di un impero, i suoi monumenti, il suo tessuto urbano, le sue opere d'arte e la sua società parlano di questa storia e lo fanno in una lingua tutta propria e originale. Avendo vissuto per moltissimi anni fuori dalla mia città, ho dovuto fare una lunga full immersion per riprendere contatto con tutte queste specificità che la caratterizzano. Nel far questo mi sono confrontata con il territorio sotto vari aspetti, quello delle tradizioni, della collocazione geografica e anche del suo ambiente naturale. Tutto questo lavoro fatto a monte mi sembra che oggi traspaia chiaramente dagli spettacoli e dagli eventi che organizziamo per il festival”.
Ravenna si è candidata a Capitale europea della cultura per il 2019. Ospitare una manifestazione di livello internazionale come il Ravenna Festival può contribuire a favorire questa candidatura?
“ Di certo la presenza di Ravenna Festival può costituire una buona leva in tal senso, ma non basta. Per diventare capitale della cultura occorre altro. E' necessario lavorare per creare delle strutture che possano ospitare un così importante appuntamento, realizzando opere capaci di dare un volto nuovo alla città dalla forte valenza culturale, il che significa predisporre un piano cittadino che investa anche l'aspetto urbano. Ma, di tutto questo ad oggi, e purtroppo, io non ne vedo traccia. E non so nemmeno se ci sarà più tempo per farlo. Secondo me la città dovrebbe essere ripensata in una architettura armoniosa e integrata del territorio, dove il mare e il porto abbiano un ruolo di primo piano”.
La crisi economica di questi ultimi ha toccato inesorabilmente anche Ravenna. A suo parere puntare su grandi eventi che valorizzino il patrimonio artistico e culturale cittadino, può costituire una risorsa da spendere a favore della crescita economica del territorio?
“Si, certo. Ma solo una delle tante carte da spendere e, comunque, mai da sola. Penso, infatti, che debbano essere la politica e l'economia ad aiutare la cultura, non il contrario. Quello che manca oggi, e su cui occorrerebbe muoversi, è avviare nel nostro Paese delle politiche della cultura che siano efficaci. Politica, economia e cultura sono aspetti che nella nostra società si intrecciano continuamente, solo se tra loro si crea sinergia si potrà davvero ottenere una crescita a tutti i livelli, quindi anche dell'economia”:
Qual è la valenza culturale e sociale che si è voluta attribuire a “Le Vie dell'amicizia”?
“Il valore di questo progetto avviato dieci anni fa è quello di rispondere alle chiamate di popoli molto diversi dal nostro per tradizioni e culture. Noi desideriamo farli conoscere e dialogare con loro per costruire un ponte di pace e di solidarietà. Per questo organizziamo spettacoli e iniziative comuni. Il risultato del nostro impegno è che oggi sono questi stessi popoli a chiamarci. E noi cerchiamo di rispondere alla loro chiamata al meglio delle nostre forze. Siamo stati con questa manifestazione a Beirut, a Serajevo e in tante altre località particolarmente “calde” del mondo. Dove andiamo vogliamo lasciare un dono, a Beirut è nata, ad esempio, una scuola di mosaico collegata a quella di Ravenna. Laddove non riusciamo a lasciare qualcosa di materialmente tangibile e utile, comunque, lasciamo sempre il nostro abbraccio e la nostra amicizia”.
Di questo progetto si può dire che abbia più una maternità, la sua, o una paternità, quella di suo marito?
“La maternità è mia, lo riconosco, ma sarebbe stata sterile se non ci fosse stata una paternità così pronta e feconda come quella di mio marito. Entrambi teniamo molto e siamo molto fieri di questo evento collegato al Ravenna Festival. Nonostante i grandi sacrifici che stiamo affrontando a causa dell'attuale crisi economica per mantenerlo ad alti livelli, non intendiamo mollare. Le Vie dell'amicizia sono una strada che secondo me è benedetta, una strada che va e che ritorna, è per questo che si deve continuare a percorrerla senza mai farsi scoraggiare. Rispetto a questa manifestazione si può affermare che Ravenna è la città che oggi più di ogni altra al mondo a chiamata risponde, il che la pone meritatamente al centro dell'attenzione internazionale”.
Una vita di successo e ricca di soddisfazioni a tutti i livelli, la sua. C'è ancora qualcosa che desidera in modo particolare per sé, per la sua famiglia e per la sua città?
“Per quanto riguarda la mia città desidero che continui a crescere e a prosperare in un'ottica di fratellanza e di cooperazione mondiale. Personalmente desidero ritirarmi a vita privata per stare accanto ai miei familiari, soprattutto ai miei nipoti. Gli impegni pubblici mi hanno, spesso, impedito di essere vicina ai miei figli. Non voglio che questo accada con i miei nipoti. Per noi romagnoli la figura dei nonni è molto importante, il loro esempio ci guida nel corso della vita. Ravenna Festival ha delle fondamenta molto solide e gode di uno staff di persone straordinarie che sono in grado di continuare benissimo lungo il percorso da me tracciato. La mia attenzione nei confronti di questa manifestazione non verrà mai meno, ci sarò sempre, ma lontano dai riflettori”.
Nessun commento:
Posta un commento